Salvadore, Riva e Lo Bello |
Serie A, 24ma giornata
Tabellino | Servizio RAI (La Domenica Sportiva)
Dirige la partita Concetto Lo Bello. Primadonna tra le primedonne, organizza il pareggio finale (2:2) dispensando rigori non chiarissimi. Il primo alla Juve. Albertosi lo para e Lo Bello ne ordina la ripetizione. Il secondo al Cagliari. "E se l'avessi sbagliato?", pare gli abbia detto Gigi Riva dopo la trasformazione. "L'avrei fatto ripetere", pare abbia risposto lui strizzando l'occhio ...
Lo Bello divide in due l'Italia
Tecnicamente? Quasi ineccepibile: in certe fasi di gioco sembra essere dotato di un terzo occhio, piazzato al centro della nuca. Non gli sfugge il gesto maligno di un gomito, il falletto in mischia. E il comportamento? Autoritario, sì, ma anche da professore buono, che non ammette «libere uscite» o risate in classe, anche se talora ha la grazia di consolare e perdonare, con un buffetto sulla guancia e una parolina a denti stretti. Però ... Però il nostro è il paese di Machiavelli, cioè della politica come scienza del possibile, del giusto interesse composto e diviso. E Lo Bello ragiona di politica calcistica con la rigidità di un «computer». A lui, che si giochi Sommarivese-Oruni o Juventus-Cagliari fa lo stesso: il suo pallottoliere di fischi e rimbrotti e punizioni non cambia. E così sbaglia. Per perfezionismo, per smania di essere precisissimo e inattaccabile. Le fotografie possono dargli ragione, la passione (il fumo delle passioni) che ruota intorno al football come la nuvola d'oro intorno ai santi, no. Ha sbagliato partita. Non ha influito sul risultato, si dice. Grazie, ma con quali patemi. Ha innervosito talmente i giocatori da spingerli a falli mai sognati durante i primi quarantacinque minuti, splendidi per agonismo se non per lucidità di manovra. Gli scontri che si sono visti dopo il doppio rigore decretato per la Juventus non hanno fatto rischiare la vita a nessuno, ma questo va a tutto merito dei giocatori. In tribuna c'è stato chi, dopo i rigori bianconeri, ha scommesso su un inevitabile rigore a favore del Cagliari. Che inevitabilmente è venuto. Per quell'amore delirante dell'equilibrio e della legge che in Lo Bello è anima e fischietto. Lo Bello non ha rinunciato ad essere Lo Bello, cioè un arbitro che ama dimostrare le sue doti di domatore. E il numero preferito è quello di infilare la testa nella bocca della tigre. E' migliore lui o la tigre? E quanto ha penato tra il secondo gol juventino e il secondo pareggio sardo? Sento alitare la voce d'un disco antico: Lo Bello è l'unico che sappia applicare i regolamenti. Ma allora perché non lo eleggiamo ad altri e supremi incarichi? Possibile che solo nel calcio si debba badare alla lettera del regolamento, mentre noi tutti viviamo tra gli astuti labirinti del compromesso reso quasi scientifico? (Giovanni Arpino)
Da Stampa Sera, 16 marzo 1970, p. 7.