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La 'paradinha' di Giuseppe Meazza |
16 giugno 1938, Stade Vélodrome, Marseille
Coppa Rimet - semifinali
Tabellino | Video (Luce) [8:13] | Altro: parte 1 [11:10] | parte 2 [5:35]
Il primo storico appuntamento fra Italia e Brasile ebbe luogo a Marsiglia, e "una sacrosanta legnata" (così Vittorio Pozzo) di Colaussi diede il vantaggio agli azzurri. Poi ci fu il famoso episodio del rigore calciato da Peppino in coordinazione virtualmente precaria e con doppia esitazione, per via dell'elastico che, ceduto, lo costrinse a impegnare l'arto sinistro scongiurando la caduta delle brache. Senza volerlo, Meazza progettò la 'paradinha', che coincise peraltro con il suo ultimo gol in nazionale; gli restava la finale, e poi ancora qualche amichevole (famosa quella concessa agli inglesi nel '39, a Milano:
vedi). Poi arrivò la guerra. Poco più di cinquanta partite, trentatré gol; numero perfetto, per un divino pedatore.
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La soddisfazione di Peppino |
E così i brasiliani da Marsiglia dovettero muovere su Bordeaux e non su Parigi, per giocarsi il terzo posto sul podio mondiale. Avevano già prenotato l'aereo (per Parigi, va da sé), e la smargiassata diede a Pozzo un buon argomento per caricare i suoi: "bauscioni de l'ostia", avrebbe reagito Peppino. Un'altra smargiassata tipicamente brazileira fu la decisione di risparmiare Leonidas (considerato un fenomeno, o spacciato per tale) e Trim (altro presunto fuoriclasse) in vista della finale (ma la circostanza è dubbia: nei quarti "i cechi li hanno pestati per il meglio", ricorda Brera nella sua
Storia critica del calcio italiano). Fecero insomma la tipica fine dei pifferi di montagna. Si lamentarono per il rigore subito e per un rigore non avuto. Per dispetto, si tennero i biglietti dell'aereo per Parigi, costringendo i nostri a una traversata ferroviaria notturna. Ma erano dei neofiti, e del calcio europeo capivano poco o nulla; ci vollero vent'anni e un
maracanaço per convincerli a imparare i vantaggi di una pur minima praticità. Quanto all'Italia, stava per finire un ciclo leggendario e per molti aspetti controverso. Sarebbe forse continuato, nel dopoguerra, se a Superga non si fosse infranto il destino dei legittimi eredi dell'unico grande Balilla.
Mans