Amarildo Tavares da Silveira |
Coppa Rimet - finale
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Delle tre coppe Rimet vinte dal Brasile, quella del 1962 fu probabilmente la meno esaltante. L'XI apparve a Brera "molto scaduto e ben lo sapeva Moreira [il nuovo CT], che aveva bloccato la difesa su marcature ad personam". Non fecero vedere un gran calcio, anche perché Pelé si stirò il muscolo femorale alla prima partita e seguì le altre dalla tribuna. Ciò lasciò spazio a Garrincha, vero mattatore di quell'edizione.
Secondo Brera, i due terzini Santos "non avevano più tanta voglia di correre", a centrocampo Didì, al terzo mondiale, era "impecettato come un vecchio trottatore". Perni della squadra, oltre a Mané, si rivelarono Mauro, "il più straordinario 'libero' che io abbia mai visto", e l'imperituro Zagalo che dall'ala sinistra scendeva a dare man forte a un centrocampo "dinamicamente scaduto". I giornalisti brasiliani pomparono a dismisura Amarildo, "che i cariocas spropositavano valesse Pelé": in realtà "non valeva più di un alluce del titolare e bastò il genio di Garrincha a mandarlo più volte a gol".
In finale, la Selaçao incontrò una pimpante Cecoslovacchia che, anziché attendere i brasiliani, li mise sotto sin dai primi minuti, costringendoli a una difesa continua, per poi passare per primi con il loro uomo migliore, Josef Masopust, che avrebbe poi vinto il Pallone d'oro di quell'anno. Palla al centro e pareggio immediato, e probabilmente casuale, di Amarildo, che forse intendeva crossare dal fondo anziché uccellare il portiere ceco. Da quel momento cambiò il vento. L'emozione iniziale dei brasiliani svanì: "si svegliarono e li ubriacarono di gioco". Il capitano Mauro alzò la seconda coppa verdeoro nel pomeriggio autunnale di Santiago.