AC Milan - FC Barcelona

Le finali di UEFA Champions League

18 maggio 1994, Olympiakó Stádio "Spyros Louis", Atene
Tabellino | Full match | Altro: 1° tempo - 2° tempo | Highlights


- Riepilogo UEFA
- Storie di calcio
- Maglia rossonera
- The Guardian
- ESPN
- Old School Panini
- Mundo Deportivo


Una gioiosa macchina da Coppa (Gigi Garanzini, "La Voce", 19 maggio 1994)

Gliene hanno dati quattro, perché ad un certo punto si sono fermati. Hanno pensato a portare a casa le gambe – tutti meno Maldini, azzoppato di brutto – anziché infierire su di una squadra cui già avevano impartito una lezione di calcio memorabile. Superiori in tutto, una gioiosa macchina da football contro i soliti disorganizzati e velleitari convinti, chissà perché e chissà da chi, di poter vincere, anzi di aver già vinto contro un Milan che potrebbe insegnar loro come si sta in campo, come si protegge la difesa, come si riconquista palla e come si buca una retroguardia da torneo aziendale. Dopo di che, ciliegina sulla torta, alla lezione pratica potrebbe farne seguire una di teoria. Ricorrendo ad un antico proverbio spagnolo, ignoto forse a Cruyff e ai suoi: «la palabra es de plata, ma el silencio es de auro». Erano bastati pochi minuti per verificare sul campo quanto ci eravamo permessi di azzardare alla vigilia. E cioè, per quanto capace di giocare un gran calcio, una squadra con le lacune difensive del Barcellona non può essere considerata favorita netta, come si pretendeva, contro un avversario organizzato, concreto, intelligente come il Milan. Tessevano la loro brava tela, gli azulgrana, facendo correre la palla rasoterra. Ma di fronte non c'erano i pellegrini cui sono abituati dalle parti loro, c'erano invece Desailly, Donadoni, Massaro, Boban, gente capace di intuire le intenzioni, di strappar palla. 
E ci voleva subito un riflesso condizionato dal guardalinee, al 9°, per impedire al Milan di colpire a freddo. Sulla ribattuta di Boban in area, dopo respinta di Nadal, c'era Desailly in fuorigioco un attimo prima che Panucci schiacciasse in gol. Ma era evidente da parte del francese il movimento all'indietro e la non-volontà di partecipare all'azione. Ma il Milan non si smontava. Girata di Massaro parata, tentativo di Donadoni contrato e poi, al 22°, il gol. Spunto di Savicevic a destra, difesa tagliata a fettine, assist a seguire oltre il secondo palo, Massaro solo e gol nella rete sguarnita. Con Baresi e Costacurta, a quel punto, la coppa sarebbe stata in cassaforte. Ma anche così diventava dura per il Barça. Perché nemmeno Galli e Maldini fallivano un colpo e dieci metri davanti a loro Desailly organizzava la resistenza, casomai gli spagnoli alle parole della vigilia si decidessero a dar seguito ai fatti. Macché, giusto un tentativo di Romario, un affondo di Stoichkov, solletico per Rossi che si permetteva anche un po' di scena per far recapitare al bulgaro un cartellino giallo. 
C'era solo il Milan in campo, lo avrebbe capito anche un bambino. Non lo capiva invece il Barcellona, che anziché proteggere lo 0 a 1 sino al riposo continuava a ruminare il suo calcetto velleitario, tipico di chi aveva messo in preventivo una passeggiata e si ritrovava alle prese con un sesto grado. Così il Milan piazzava, a tempo scaduto, il colpo del k.o. Donadoni da sinistra saltava Ferrer come un birillo, avanzava lungo la linea di fondo e centrava su Massaro. Girata al volo di sinistro nell'angolo lontano, da manuale. Il 3 a 0 subito in avvio di ripresa. Forse un mezzo fallo di Savicevic su Nadal, che si fermava. Lo slavo invece tirava diritto, scorgeva Zubizarreta fuori porta e lo gelava con un lungo pallonetto nell'angolo lontano. Coppa in bacheca, accenno di melina del Milan e pedate a volontà degli spagnoli con una raffica di cartellini. 
Ma eran dettagli ormai. Di fronte ad un Barcellona scoppiato come un palloncino di sagra paesana, il Milan ormai scherzava. E mentre i trentamila e passa milanisti giunti fino qui ad Atene intonavano «Fabio-Fabio» arrivava anche il 4 a 0, firmato subito dopo un palo di Savicevic da Marcel Desailly. Il giocatore che più di ogni altro se l'era meritato. Un trionfo. O, se preferite, una mattanza.