FC Internazionale Milano - SL Benfica

Le finali di Coppa dei campioni

27 maggio 1965, Stadio San Siro, Milano
Tabellino | Full match | Copia: 1° tempo | 2° tempo | Sintesi [9:37]

Storie di calcio
Memoria nerazzurra

"La Coppa sfavilla sotto i riflettori e manda abbaglianti luccichii, passando di mano in mano. Per primo l'ha avuta Picchi, il capitano. A centrocampo, intrise di pioggia e di sudore, le maglie rosse del Benfica. Germano e gli altri guardano sconsolati e quasi inebetiti la scena: l'entusiasmo dell'Inter è la loro amarezza. Un'amarezza grande e pienamente giustificata. Il pubblico se ne avvede e, come i portoghesi si portano a centrocampo per il commiato, un applauso fragoroso e convinto li saluta" (Rodolfo Pagnini, L'Unità, 28 maggio 1965).


Il commento (spassoso) di Monsù Poss (Stampa Sera, 28-29 maggio 1965).
"E' doveroso per noi esprimere ancora una volta le nostre rimostranze per gli incontri in notturna. Questi incontri costituiscono sempre una piccola irregolarità, come gioco e come spettacolo, e perché non permettono a chi ama scrivere con calma ed a ragion veduta di lavorare come vorrebbe data l'ora tarda a cui terminano. Continuando di questo passo, gli incontri calcistici in notturna finiranno con il far concorrenza ai «night-club». Vi è forse qualcuno che sappia spiegarci, per esempio, perché questo incontro finale della «Coppa dei campioni», disputatosi in giornata ufficialmente festiva, non si sia giocato in diurna anziché in notturna? E perché il Comitato direttivo dell'Uefa non ha, per maggior regolarità, stabilito che la gara avesse luogo alla luce del giorno? Il tempo si è assunta la funzione di vendicatore, facendo cadere acqua a catinelle sull'avvenimento, proprio un'ora prima del calcio d'inizio. E l'incontro, su un campo ridotto dalla pioggia nelle condizioni in cui era quello di San Siro, non ha potuto avere carattere di piena regolarità né per chi è risultato vincitore né per chi ne è uscito perdente. Ha vinto l'Internazionale; ed il suo successo, sia detto in termini chiari, è stato nel complesso meritato. Anche se l'ultima parte della partita, cioè l'ultima mezz'ora, è stata giocata dai neroazzurri in modo tale da dar luogo da parte degli stessi suoi sostenitori a disapprovazioni e recriminazioni aperte. L'undici milanese avrebbe potuto, e, più che potuto, dovuto, arrotondare il suo vantaggio dall'1 a 0 al 3 a 0, nel primo quarto d'ora del secondo tempo, quando prima Jair e poi Mazzola, colpendo il palo, mancarono due reti che erano già praticamente fatte. Per noi, poi, comunque fossero andate le cose, come gioco e come risultato, l'Internazionale l'incontro l'avrebbe vinto sempre. Per mille ed una ragione, non poteva proprio farne a meno; era nell'ordine logico e naturale delle cose che vincesse. Questo Benfica che sotto la pioggia dirotta si è presentato ieri al pubblico italiano è un'edizione ridotta e alquanto diminuita in valore e in efficienza del Benfica di due o tre stagioni or sono. Il Benfica di Amsterdam, quando arrivò a battere un Real Madrid ancora con Di Stefano ed ancora in ottime condizioni di forma, avrebbe saputo approfittare di quell'ultima mezz'ora di questo incontro di San Siro, quando davanti alla rocca difesa da Sarti non seppe far altro che una dimostrazione del tipo di quelle «navali», quelle che si usava fare una volta, quando si voleva minacciare qualcuno e far vedere che si era pronti a ricorrere a gesti di forza. Eusebio, per esempio, è stato tenuto a freno ed in soggezione per quasi tutti i novanta minuti della partita da un novellino come Bedin, e né Torres né Augusto sono stati all'altezza dei giocatori che ancor non molti mesi or sono seppero passare da dominatori sui campi dell'Europa intera. Ottimi tecnici essi lo sono sempre, altrimenti non avrebbero fatto ieri quello che effettivamente hanno fatto, su un campo ridotto in condizioni pietose com'era quello di San Siro. Ma in un certo qual senso bisogna riconoscere che «la voce del cantor non è più quella». L'Internazionale ha vinto, come ognuno prevedeva e come era logico che avvenisse. La sua vera forza sta nella difesa, più che nell'attacco. L'Inter ha al momento attuale tre bei giocatori, che dominano, guidano e portano alla vittoria l'intero «undici»: il terzino Facchetti ed i due attaccanti Suarez e Corso. L'ultimo di questi tre si è calmato alquanto ed è diventato più quieto nel secondo tempo. Ma nel complesso i tre costituiscono i pilastri basilari dell'intera costruzione".