Campionato del mondo - fase a gironi (gruppo F)
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Altro che Corea: del Nord o del Sud, a libera scelta. Il fallimento del Mondiale 2010 da parte degli Azzurri guidati da Marcello Lippi rappresenta il punto più basso toccato dalla Nazionale italiana nella storia della manifestazione iridata: due faticati pareggi nelle due gare iniziali e una clamorosa sconfitta con l'esordiente Slovacchia. Senza scuse e attenuanti. Una catena di errori politici, strategici e tattici inanellati dalla Federazione, dal CT e dai giocatori. Eguagliato il record della Francia campione del mondo eliminata al primo turno del torneo successivo. Semplicemente, una vergogna.
La partita kafkiana di Johannesburg è fresca nella memoria - e nel dolore - per non doverne richiamare la cronaca: dal gol preso su rimessa laterale ai ferri da stiro calzati da Pepe (triste eroe eponimo), dalla fiammella accesa dal rientro disperato di Sant'Andrea da Brescia a mezzora dalla fine all'illusione del gol di Di Natale ...
Vittori Zucconi è un giornalista tendente alla trombonaggine, ma le sue parole a caldo rendono bene il clima che molti degli appassionati italiani vissero in quelle ore: "Sarebbe bastato guardare gli occhi sbarrati con le pupille dilatate mostrate dai teleobbiettivi del povero ragazzo spedito tra i pali, il Marchetti, terrificante scelta di un esordiente a un Mondiale nel solo ruolo nel quale non si può mai sbagliare, l'amnesia muscolare che sembrava avere colpito le gambe degli azzurri incapaci della più banale corsetta o del passaggino più semplice, per capire che Ellis Park non sarebbe stata una Caporetto, dopo la quale venne una Vittorio Veneto, ma una Waterloo senza possibile riscatto. E che le mani più volte ripassate tra i fili della paglietta bianca che Lippi ha al posto dei capelli, non avrebbero potuto rimediare ai suoi errori, alla sua testardaggine presuntuosa, alla convinzione di "cesarismo da spogliatoio", di uomo del destino, il perenne italiano che crede, in forza della propria presunzione, di poter rifare, se non una nazione, almeno una nazionale. Lippi ha cercato la disfatta perché si era convinto di poter trasformare per l'ultima, la più esaltante, delle sue avventure le rape prodotte dal calcio italiano di oggi in preziosi tartufi".
A veder bene alcune di quelle "rape" tali non erano perché si erano laureate appena quattro anni prima campioni del mondo, tra le alte lodi dello stesso Zucconi. Alcune di esse nemmeno due anni dopo avrebbero disputato un fior di Europeo sotto altra guida e con un'altra idea di gioco. Dunque non erano "tartufi" - a parte Pirlo - ma nemmeno ronzini. L'errore fu politico e sentimentale: illudersi che la storia possa ripetersi come al semplice esaudirsi di un desiderio. A pagare fu solo Marcellone, ovviamente. Ma non chi lo aveva cocciutamente voluto.