Le finali di UEFA Champions League
25 maggio 2013, Wembley Stadium, London
Tabellino | Full match * | Sintesi | Highlights
- UEFA
- BBC
- The Guardian
- Telegraph
- Gazzetta dello Sport
- SB Nation
- Sciabolata morbida
Maurizio Crosetti, L'ora del Bayern ("La Repubblica", 26 maggio 2013)
Piangono tutti, vincitori e vinti, nell'incredibile festival della lacrima sul prato più sacro al mondo. E quelli del Bayern si prendono l'Europa, se la pappano con un finale di assoluto furore, quando il Borussia li aveva spaventati e raggiunti, e gli spettri del passato quasi prendevano corpo un'altra volta. I rossi hanno vinto non solo partita e Coppa, ma un'intera stagione di spaventosa efficacia e rara bellezza, soffrendo nell'ora più difficile e meritando. Lo sa anche il giovane Klopp mentre stringe in un abbraccio bellissimo il vecchio Jupp Heynckes, il settantenne che lascerà questa indimenticabile macchina di calcio a Pep Guardiola: cavoli di quest'ultimo, perché forse sarà impossibile persino per lui arrampicarsi al di sopra del massimo. Il Bayern ha saputo sconfiggere il terrore di cadere un'altra volta, ha mantenuto il controllo dopo avere smarrito il gioco per eterni pezzi di gara, è andato in vantaggio, si è lasciato riprendere quasi subito e qui ha dimostrato la sua vera grandezza: non cadere nell'abisso dopo averlo guardato fino in fondo. L'eroe è Arjen Robben, un rubinetto i suoi occhi dopo i tre fischi di Rizzoli, è lui ad avere segnato il gol che significa tutto e dà forma alla notte tanto attesa.
La migliore squadra al mondo mette dita e labbra sull'argento della Coppa, tra baci e carezze tenerissime, dopo che i suoi tifosi ne avevano sventolate tante di cartone, gommapiuma, argentate e gonfiabili. Il Bayern solleva il trofeo tra gli applausi di quelli del Borussia, una lezione non solo di tedesco ma di sport. Eppure, il pesante dovere della vittoria ha lungamente paralizzato il Bayern, immerso nei brutti ricordi: quando perdi due volte su due una finale, hai il terrore che il peggio ritorni. E allora i ragazzacci vestiti di giallo si sono distesi in una mezz'ora iniziale di puro divertimento, frizzante come una Coca Cola bevuta d'un sorso. In 5 minuti, a metà primo tempo, hanno bersagliato tre volte Neuer che ha respinto di piede, mano, pugno, pareva che i borussi fossero almeno una quindicina, non più di otto o nove invece i bavaresi, flaccidi come il dolce cui danno il nome. La riemersione del Bayern è avvenuta solo al 27' con una zuccata di Mandzukic, alzata sulla traversa dalle dita smisurate di Weidenfeller. Poi Robben è riuscito a sbagliare due volte in altrettante solitudini davanti al portiere.
Il primo tempo ha offerto molto, e soprattutto ha evitato la melassa tattica dell'attesa, incompatibile con la vocazione tedesca per il nuovo calcio elettrico. Il gol quasi obbligatorio, quasi inevitabile del Bayern si manifesta al 60' dopo molto patire, stavolta Robben non s'intorcina e trova libero Mandzukic, solo in area per il comodo appoggio col sinistro. Ora si tratterebbe di gestire un po', ed è qui che i bavaresi cedono terreno, distraendosi come raramente accade. Neanche sei minuti dopo il vantaggio, il brasiliano Dante non trova di meglio che abbattere Reus in area con un calcio in pancia, rigore grosso come Buckingham Palace, il tiro di Gündogan esemplare. L'equilibrio ritorna, la signora Merkel seduta accanto a Platini sembra gradire. Il pareggio pare un macigno impossibile da spostare, ed è in questo preciso momento, a un minuto dalla fine, che l'olandese Robben s'infila nella difesa gialla che ormai è un pasticcio, galoppa in porta, pizzica appena la palla per piazzarla all'angolo tra palo e destino, nel punto esatto in cui i peggiori ricordi non tornano più.