Le finali di UEFA Champions League
17 maggio 2006, Stade de France, Paris
Tabellino | Full match: 1° tempo - 2° tempo | Highlights
- Riepilogo UEFA
- El Mundo Deportivo
- BBC
- Memorie Arsenal
- The Guardian
- Der Spiegel
- Up and down by TheWildBunch22
Roberto Perrone, Eto'o prende il posto di Ronaldinho e Henry ("Corriere della Sera", 18 maggio 2006)
Quasi mille minuti non sono bastati. Dopo 995 minuti di imbattibilità in Champions League l'Arsenal si arrende, ai gol e al destino, cedendo la Coppa del cinquantenario al Barcellona che alza il «trofeo con le orecchie» quattordici anni dopo il primo. Da Wembley a Parigi, da Johan Cruijff a Frankie Rijkaard, nel segno di una olandesità catalana, nell'abbraccio di un legame che risulta ancora una volta vincente. Era la partita dei grandi campioni, era la Finale con la maiuscola delle grandi voglie e invece queste se le tolgono i comprimari: l'anziano (34 anni) attaccante svedese Henrik Larsson con la sua testa pelata, il difensore brasiliano di chiara discendenza italiana, Juliano Belletti (29). Larsson realizza due assist formidabili, il primo per Eto'o, il secondo proprio per il brasiliano che va avanti, e meno male per il Barça che ha avuto coraggio.
Così la finale scivola dalle parti del Barcellona, che ha avuto paura, ma che riemerge nell'ultimo quarto d' ora, quando sembra che l'Arsenal abbia le armi per piazzare il contropiede vincente. Non è una brutta partita, ma le grandi strategie, i giochi di prestigio dei giocolieri si devono accomodare in disparte per via del fischio avventato di Terje Hauge che esclude il gol di Giuly e caccia Lehmann dopo 19': il portiere tedesco stende nettamente Eto'o che l'aveva superato, ma con un uso meno fiscale dello strumento, il Barcellona non sarebbe stato condannato ad una partita in salita: l'esclusione di Lehmann porta anche a quella del vantaggio di Giuly. I catalani avrebbero preferito il portiere tedesco in campo e l'1-0 dalla loro parte. Avrebbero così condotto le danze nel modo che preferiscono, invece di trovarsi quasi imbarazzati, per essere più numerosi dell'avversario e perché questo segna per primo. Succede che, in dieci dal 19' del primo tempo, Arsène Wenger deve mutare la tattica aggressiva con cui aveva sistemato la sua squadra in campo ed accentuarne le caratteristiche di contenimento e ripartenza. Tutti indietro e vai col contropiede. Il fatto che il vantaggio dell'Arsenal arrivi su calcio piazzato (punizione di Henry, deviata in maniera perfetta da Campbell) è assolutamente secondario. Anche il Barcellona vede mutare la sua partita che diventa sempre più concitata. Inevitabile che in undici contro dieci e in svantaggio, la corazzata catalana sia condizionata dalla fretta, dall'ansia, dalla rabbia, mentre è l'Arsenal a crescere negli spazi dove Henry, trascinatore formidabile e fetente, favorisce Ljungberg e Hleb, entrambi vicini al 2-0.
A questo punto il Barcellona, ferito, molla la leziosità e, soprattutto, Rijkaard azzecca i cambi che cambiano il volto della gara. Larsson avvia al gol del pareggio Eto'o, poi inventa l'assist per Belletti. La pioggia scorre via, come i tifosi dell'Arsenal. Restano quelli del Barça. E non è vero che non c'erano italiani. Frankie, in fondo, è un po' uno di noi.