Le finali di Coppa dei campioni
Ero venuto come tantissimi altri per assistere e in certo modo prendere parte alla celebrazione di una grande festa di sport. Sono letteralmente sconvolto dall'orrore. Confesso che, per un momento, mi sono rampollate dall'animo tutte le rabbie che a me giovane avevano instillato i politici del nostro paese, non meno caro che disgraziato (allora). Poi, a mia volta, mi sono sentito in colpa. Voci spaventose giungevano dall'antistadio, dove gli impreparatissimi belgi avevano apprestato un pronto soccorso. Chi riferiva di dieci, poi di diciotto, infine di trenta, e adesso addirittura di quarantuno morti, e forse non è finita. Purtroppo, quasi tutti nostri connazionali, che il terrore aveva spinto a cercare salvezza calpestando chiunque incontrasse nella disperata fuga. Tra quella parte di tribuna occupata da una minoranza di italiani e da una folla preponderante di liverpoolesi, tre sparuti impotenti poliziotti belgi. Eccitati dall'odio, di cui si conoscono capaci come pochi al mondo, e ancora dall'alcool, di cui sono tragicamente avidi fino all'incontinenza più smaccata, non meno di cento mascalzoni si sono scatenati lanciando mattoni sassi e bottiglie. Il fuggi fuggi è stato accorante. La polizia belga è giunta sempre più in forze ma, ahimè, troppo tardi. Ormai l' attesa festa era bruttata da un eccidio senza precedenti in questa parte civile d'Europa. Mentre tento di esprimere la mia mortificazione di uomo di sport, i superstiti dell' immonda mattanza passano ciascuno a raccontare la propria storia, piena di orrore e degna di umana pietà.
Lo stadio, il caro ma obsoleto Heysel, è come gravato da una cappa di angoscia. E' inevitabile pensare a quello che incombe su tutti, buoni e malvagi, che si erano illusi di celebrare una festa: come far sgomberare lo stadio da due moltitudini fra loro ostili fino all'odio più acre ed esasperato? Gli italiani hanno a lungo insultato i poliziotti belgi troppo inferiori al loro compito: il minimo insulto era "buffoni!": ma adesso mi chiedo in quali disperate ambasce si trovano le autorità di Bruxelles. Sono presenti almeno quindicimila italiani e altrettanti inglesi. Cosa sarà di loro, se si troveranno soli ad affrontare lo sfollamento? Se non ci fosse aria di tragedia, verrebbe fatto di ricordare come per eccessi di molto inferiori a questo è stato proibito da noi il gioco del calcio nel secolo XVI ...
L'imbarazzo sfiora il rimorso in tutti noi che allo sport credevamo come all'antidoto più puro e sincero della guerra. Così come siamo caduti, la voglia è di mandare tutti al diavolo. Se vogliamo prenderci a calci, stiamo a casa nostra. E si vergognino quei popoli che, atteggiandosi a civili, mandano per il mondo questi mascalzoni efferati e ahimè più volte recidivi nei loro eccessi delittuosi.
Alle 21,40 inizia una partita che alcuni bene informati dicono finta. Questo per consentire alle forze dell' esercito acquartierate in Bruxelles di preparare due vie di ritirata e quindi di sfollamento per i gruppi nemici. A quele punto siamo giunti. Poichè si gioca, mi tocca guardare.
Gianni Brera, "La Repubblica", 30 maggio 1985
Qui ricordiamo
le 39 vittime di Bruxelles
il 29 - 5 - 1985 trucidate
da brutale violenza.
Quando onore, lealtà, rispetto
cedono alla follia,
è tradita
ogni disciplina sportiva.
Alla nostra memoria
il compito
di tenerla viva
(Giovanni Arpino)