FC Bayern München - FC Internazionale Milano

Le finali di UEFA Champions League

22 maggio 2010, Estadio Santiago Bernabéu, Madrid
Tabellino | Full match * | Highlights

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- Gazzetta dello Sport
- BBC
- The Guardian
- Daily Mail
- Sciabolata morbida


Gianni Mura, Capolavoro Milito ("La Repubblica", 23 maggio 2010)

Ci sono inseguimenti di breve durata, altri che non riescono per tutta una vita. A Massimo Moratti sono serviti quarantacinque anni per raggiungere il traguardo sportivo cui era arrivato suo padre, Angelo, il papà buono della grande Inter. Diceva Mazzola, alla vigilia di questa finale che per l'Inter è stata una passerella allegra e per il Bayern una sofferenza continua, che appena lui e i suoi compagni cominciarono a sentirsi davvero la grande Inter, quella grandezza cominciò a diminuire. Non so se accadrà lo stesso a questa Inter, indubbiamente grande, che ha vinto nella stagione tutto quello che poteva vincere. Non reggono i paragoni con la squadra di quarantacinque anni fa: era un'altra Inter, così come era un'altra Italia e un'altra Milano: pensare che esisteva ancora la classe operaia, la borghesia illuminata, il cabaret ma quello vero, e anche la vergogna per quelli pescati a rubare, e guai a non cedere il posto in tram agli anziani o alle donne incinte. Lasciamo perdere, diciamo che era un'altra Inter perché il numero degli stranieri era limitato, perché la maggioranza, l'ossatura della squadra era costituita da calciatori italiani, bravi anche. E quindi gli unici paragoni che si possono fare sono tra i registi, più arretrato Suarez, più avanzato Sneijder, e sugli allenatori. 
Il cognome Moratti è il forte filo che lega questa e quella squadra. Ci sono stati altri presidenti, tra Moratti padre e Moratti figlio, ma a molti è sembrato che con l'ingresso di Massimo in società l'Inter fosse, in un certo senso, tornata a casa. Prima di coronare questo inseguimento, se ne è dovute sentire tante. Non tutte immotivate. La sua passionalità, da tifoso tra i tifosi, lo ha portato a scelte che con un po' di ragionamento non avrebbe fatto. Lo ha portato a essere bollato, prima ancora che nascesse il buonismo, come troppo buono, troppo tenero. E solo la simpatia a livello umano lo ha salvato dall'essere rubricato sotto l'etichetta di «ricchi scemi» che l'allora presidente del Coni, Onesti, riservava ai presidenti troppo spendaccioni. 
Moratti ha speso parecchio, accumulando acquisti di perle vere e perle finte, autentici campioni e mezzi bidoni. Il tutto con l'affanno crescente del tempo che passava, dell'inseguimento che non andava in porto. Forse, e qui scatta la seconda similitudine, serviva un allenatore proveniente dalla penisola iberica, come già Helenio Herrera. Prima di Herrera, anche Moratti padre non aveva vinto nulla. Prima di Mourinho, Moratti figlio sì, ma non il trofeo più ambito, non quello che avrebbe riportato sentimentalmente e calcisticamente i conti in pareggio: la Coppa dei Campioni. 
Sotto questa coppa ci sono idealmente tre firme che cominciano per M, come Milano: una è di Moratti, una di Mourinho, una di Milito. La crescita dell'Inter, la sua maturazione devono a molto a Mourinho. Pur continuando a non condividere certi suoi atteggiamenti istrionici, e totalmente pro domo sua, bisogna ammettere che questo allenatore giramondo, che gira il mondo senza mai cambiare di una virgola, ha cambiato la faccia, l'anima e forse il destino di una squadra che in questi anni di rincorsa era più avvilita che vittoriosa, più irrisa che ammirata, più fragile che forte. Coi suoi metodi, che prevedono una totale intesa con tutti i giocatori (quelli che ci stanno, almeno) Mourinho ha creato un'Inter fortissima, che in Italia ha già firmato un ciclo piuttosto lungo e resterà, comunque si muova il mercato, la squadra da battere. Vincendo a Madrid, dettaglio non secondario, l'Inter ha anche lavorato per tutto il calcio italiano, salvando il quarto posto a disposizione per l'ingresso in Champions. 
Non è stata una partita sofferta, e l'unica ombra è un mani di Maicon in area sullo 0-0 non visto o non sanzionato. La partita è filata via liscia grazie al lato debole del Bayern, la difesa, in cui i lanci di Sneijder per Milito hanno combinato disastri. Non c'era bisogno dei due gol di ieri sera, particolarmente bello il secondo, per definire Milito uno degli attaccanti più completi, e insieme più utili e umili, che si siano visti nel dopoguerra in Italia. Hanno giocato tutti bene, lui molto di più.