Italien - Frankreich

9 luglio 2006, Olympiastadion, Berlin
Campionato del mondo - finale
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Il derby con la Francia si intreccia - come è noto - con la storia della nostra Nazionale, che disputò la sua prima partita ufficiale proprio con i "cugini" rifilando loro un bel 6 a 2. In 37 incontri ne abbiamo vinti 18 e loro solo 9, ma nelle competizioni ufficiali amiamo regalarci dolori reciproci: loro nelle Olimpiadi del 1920, noi in quelle del 1928; noi ai Mondiali del 1938 e del 1978, loro in quelli del 1986 e del 1998; loro negli Europei del 2000, noi in quelli del 2008. Una storia infinita.

Un grande tassello fu intarsiato nella finalissima del Mondiale 2006. I Francesi la affrontarono da grandi favoriti: il nucleo duro della squadra era quello dei campioni del 1998 e dell'Europeo del 2000 (Barthez, Thuram, Vieira, Zidane, Henry, Trezeguet), innervato da innesti di qualità, a cominciare da Ribery. Tra i nostri solo Cannavaro (alla 100esima in azzurro proprio quella sera), Del Piero e Totti erano in campo nella sfortunata e ingiusta finale del De Kuip di Rotterdam il 2 luglio 2000, ma gli inserimenti successivi erano stati di grande qualità, da Buffon a Pirlo a De Rossi.

I Francesi, però, avevano l'handicap in panchina: il modestissimo CT Domenech, "un Napoleone mancato", come punse Alfio Caruso, regolarmente sconfitto dai CT italiani nelle competizioni dell'Under 21 (memorabile la rissa con Cesarone Maldini nella finale del 1994). Sulla panca italica sedeva invece un vero condottiero, e un grande tattico. Tanto è vero che gli Azzurri giocarono benissimo nel primo tempo, concedendo ai galletti solo un gol su rigore di Zidane - l'unico subìto nel torneo, insieme all'autorete di Zaccardo con gli USA -, pareggiando subito i conti con Materazzi e colpendo una traversa con Toni. Nella ripresa affiorò la stanchezza della combattutissima semifinale di Dortmund - Totti, in particolare, fu incolore - e lasciammo la palla ai Bleus, senza patire azioni pericolose. Nei supplementari Buffon parò alla grande l'unica vera occasione transalpina, su una girata di testa di Zidane.

La parte nobile del corpo si rivelò un problema per Zizou in quei minuti: dopo l'inutile inzuccata andò fuori di testa e incornò il nostro Materazzi. Un "atto folgorante di terrorismo", come lo inquadrò subito Jean Baudrillard [vedi]. Orbati della loro stella i franchi persero ogni sicurezza. Finì ai rigori, per la seconda volta in una finalissima, e c'eravamo di mezzo sempre noi. Ma dopo le delusioni del 1990, del 1994 e del 1998, giunse finalmente il giorno del riscatto: cinque tiri su cinque dentro, ultimo quello di Grosso, la grande sorpresa tirata fuori dal cilindro da Lippi in quel torneo.

Il giorno dopo "L'Equipe" titolò in modo scontato: "Le mur de Berlin". La sconfitta era bruciante. Da noi, invece, la nazione dei moralisti e dei sedicenti intellettuali espresse indignazione per il lavacro rituale in cui - a loro dire - rischiava di essere ridotto il grande scandalo di Calciopoli. Il paese serio avrebbe dimostrato dopo poche settimane che la giustizia sportiva non era uno scherzo, e i quaquaraquà che osarono chiedere l'amnistia furono spernacchiati. Chi amava il calcio festeggiò consapevolmente. Quel titolo inaspettato, e pienamente meritato sul campo, non apriva un'epoca ma la chiudeva.

Vedi anche:
Zidane vs Materazzi (Eupallog Kultur)
La malinconia di Zizou (Eupallog Letteraria)
- Le coup de tête de Zizou (Eupallog Cineteca)
- Ian McCourt, Zinedine Zidane's head-butt ("The Guardian")