El Loco non se ne fa una ragione |
Campionato del mondo - fase a gironi (gruppo F)
Tabellino | Full match * | Sintesi | Highlights
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Marcelo Bielsa è poco conosciuto al pubblico pallonaro italiano, ma nell'ambiente internazionale è reputato come uno dei santoni di riferimento del grande rinnovamento verso un'idea di calcio offensivo che si è sviluppato in questi ultimi anni. Come molti dei grandi visionari non ha vinto allori in proporzione. Anzi. Uno dei suoi risultati più modesti lo conseguì ai Mondiali del 2002, alla guida dell'Argentina. Fu per lui una profonda delusione, riscattata però due anni dopo con la vittoria dell'alloro olimpico sempre con l'Albiceleste (under 23).
In Giappone l'Argentina uscì al primo turno dopo aver vinto bene con la Nigeria, perso male con l'Inghilterra e pareggiato nel match decisivo del 12 giugno 2002, allo Stadium di Miyagi, contro la Svezia. L'Albiceleste era arrivata al Mondiale con una rosa ricca dei talenti di una generosa generazione (da Batistuta a Zanetti, da Simeone a Veron, da Samuel a Crespo) e con l'appoggio di una nazione disperata da una delle peggiori crisi economiche della sua storia. Fu un fallimento oscurato solo da quello dei multietnici campioni in carica.
Bielsa era ed è fautore del gioco verticale, offensivo: non ha moduli prediletti, ma in Giappone schierò un 3-4-3 con Veron alle spalle di Batistuta, Ortega sulla destra e, a sinistra, uno a rotazione tra Gonzalez, Lopez, Aimar o Crespo. Non funzionò. Il capro espiatorio fu individuato nel povero numero 10: Ariel Arnaldo Ortega, su cui pesò l'eredità del Pibe de oro.
Vediamo come commentarono il fallimento alcune delle principali firme del giornalismo italiano.
Alberto Cerruti: "Marcelo Bielsa, il grande sconfitto, ha avuto il merito di costruire una squadra praticamente imbattibile nelle qualificazioni, ma poi si è legato troppo al modulo del suo tecnico preferito Van Gaal, rifiutandosi di far giocare insieme Crespo e Batistuta, almeno nell'ultimo disperato spicchio di partita, tenendo in campo invece l'inutile e irritante Ortega, oltretutto sulla fascia destra dove rende molto meno".
Gianni Mura: "C'è Ortega, purtroppo. E c'è Bielsa. Una combinazione devastante. C'era anche la tradizione, due mondiali vinti, un girone sudamericano stradominato, due attaccanti che tutti vogliono, una pattuglia di creativi. Ora tutti piangono e dicono con l'ultimo soffio d' orgoglio: non abbiamo rinunciato al nostro modo di giocare. Forse era meglio rinunciare a quel 3313, una volta visto, con Nigeria e Inghilterra, che tutto questo attaccare non portava gol: uno di Batistuta, su corner. Ieri, uguale: uno di Crespo, su rigore ribattuto da Hedman e tirato, ovviamente malissimo, da Ortega. Per un mendicante di bel calcio come mi definisco (la definizione è ripresa da Eduardo Galeano), uno come Ortega è un infiltrato, forse un raccomandato (in effetti, gioca sempre), è una barzelletta che non fa ridere, fa più danni della grandine ed è scelta da condannare quella di avergli dato la maglia numero 10 dell'Argentina. Veron, Aimar e Ortega sono un lusso che nessuno può concedersi, negli appiccicosi pomeriggi asiatici. Per ora, la corsa e la solidità battono il talento, sempre ammesso che Ortega abbia talento (el Flaco Menotti lo esclude, io mi associo), Veron ben presto è un' ombra (riecco Soriano) ed Aimar, che talento possiede, fa il gregario ai due boss, la Brujita y el Burrito. Più ci si sforza di giocare all' attacco meno si segna, meno si segna più si torna a casa. Certo è anche questione di fortuna. Con 2 gol fatti (su palla inattiva) e 2 incassati (su palla inattiva) l' Argentina se ne va. Con 2 segnati (su palla inattiva) e uno incassato l' Inghilterra fa festa doppia. Scandalizzarsi è inutile".
Giorgio Tosatti: "Gli eredi di Maradona pur ricchi di personalità e talento non sono mai riusciti a diventare una squadra. Troppe gelosie, troppi clan, troppo individualismo. Commentando l'unica vittoria argentina in questo Mondiale (1-0 alla Nigeria nel debutto) ho scritto come dal gioco di questi eccellenti giocatori emanasse una sensazione di spreco, di narcisismo. Un eccesso di dribbling, raffinatezza, numeri ad effetto e sostanziale mancanza di praticità. Una formula tattica illogica perché utilizzava troppi creativi, lasciando in attacco una sola punta, per di più reduce da una pessima stagione (Batistuta). Una difesa incerta e mal protetta. Era proprio il caso di abbandonare il tradizionale 4-4-2 che con terzini come Sorin e Placente avrebbe potuto sostenere magnificamente l' offensiva? Invece di cercare di assemblare il meglio, Bielsa ha creato tanti dualismi. Anche nella partita contro la Svezia il ct ha testardamente insistito sul principio secondo cui Batistuta e Crespo non possono giocare insieme. Un'assurdità, un capriccio. Non gli ha concesso neppure un minuto di coabitazione. Unico intoccabile, mai sostituito, mai messo in discussione, quel talentuoso perditempo di Ortega così caro a Malesani. A Parma ancora imprecano ricordando quando costò. Sinceramente l' eliminazione dell' Argentina lascia un senso di rammarico: mi domando cosa avrebbe potuto costruire un buon allenatore con tanto ben di Dio. La Svezia ha fatto una tenace partita di contenimento (evidenziando qualche smagliatura difensiva e trovando un bel gol su punizione), ma Bielsa le ha dato un formidabile aiuto".
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Marcelo Bielsa è poco conosciuto al pubblico pallonaro italiano, ma nell'ambiente internazionale è reputato come uno dei santoni di riferimento del grande rinnovamento verso un'idea di calcio offensivo che si è sviluppato in questi ultimi anni. Come molti dei grandi visionari non ha vinto allori in proporzione. Anzi. Uno dei suoi risultati più modesti lo conseguì ai Mondiali del 2002, alla guida dell'Argentina. Fu per lui una profonda delusione, riscattata però due anni dopo con la vittoria dell'alloro olimpico sempre con l'Albiceleste (under 23).
In Giappone l'Argentina uscì al primo turno dopo aver vinto bene con la Nigeria, perso male con l'Inghilterra e pareggiato nel match decisivo del 12 giugno 2002, allo Stadium di Miyagi, contro la Svezia. L'Albiceleste era arrivata al Mondiale con una rosa ricca dei talenti di una generosa generazione (da Batistuta a Zanetti, da Simeone a Veron, da Samuel a Crespo) e con l'appoggio di una nazione disperata da una delle peggiori crisi economiche della sua storia. Fu un fallimento oscurato solo da quello dei multietnici campioni in carica.
Bielsa era ed è fautore del gioco verticale, offensivo: non ha moduli prediletti, ma in Giappone schierò un 3-4-3 con Veron alle spalle di Batistuta, Ortega sulla destra e, a sinistra, uno a rotazione tra Gonzalez, Lopez, Aimar o Crespo. Non funzionò. Il capro espiatorio fu individuato nel povero numero 10: Ariel Arnaldo Ortega, su cui pesò l'eredità del Pibe de oro.
Vediamo come commentarono il fallimento alcune delle principali firme del giornalismo italiano.
Alberto Cerruti: "Marcelo Bielsa, il grande sconfitto, ha avuto il merito di costruire una squadra praticamente imbattibile nelle qualificazioni, ma poi si è legato troppo al modulo del suo tecnico preferito Van Gaal, rifiutandosi di far giocare insieme Crespo e Batistuta, almeno nell'ultimo disperato spicchio di partita, tenendo in campo invece l'inutile e irritante Ortega, oltretutto sulla fascia destra dove rende molto meno".
Gianni Mura: "C'è Ortega, purtroppo. E c'è Bielsa. Una combinazione devastante. C'era anche la tradizione, due mondiali vinti, un girone sudamericano stradominato, due attaccanti che tutti vogliono, una pattuglia di creativi. Ora tutti piangono e dicono con l'ultimo soffio d' orgoglio: non abbiamo rinunciato al nostro modo di giocare. Forse era meglio rinunciare a quel 3313, una volta visto, con Nigeria e Inghilterra, che tutto questo attaccare non portava gol: uno di Batistuta, su corner. Ieri, uguale: uno di Crespo, su rigore ribattuto da Hedman e tirato, ovviamente malissimo, da Ortega. Per un mendicante di bel calcio come mi definisco (la definizione è ripresa da Eduardo Galeano), uno come Ortega è un infiltrato, forse un raccomandato (in effetti, gioca sempre), è una barzelletta che non fa ridere, fa più danni della grandine ed è scelta da condannare quella di avergli dato la maglia numero 10 dell'Argentina. Veron, Aimar e Ortega sono un lusso che nessuno può concedersi, negli appiccicosi pomeriggi asiatici. Per ora, la corsa e la solidità battono il talento, sempre ammesso che Ortega abbia talento (el Flaco Menotti lo esclude, io mi associo), Veron ben presto è un' ombra (riecco Soriano) ed Aimar, che talento possiede, fa il gregario ai due boss, la Brujita y el Burrito. Più ci si sforza di giocare all' attacco meno si segna, meno si segna più si torna a casa. Certo è anche questione di fortuna. Con 2 gol fatti (su palla inattiva) e 2 incassati (su palla inattiva) l' Argentina se ne va. Con 2 segnati (su palla inattiva) e uno incassato l' Inghilterra fa festa doppia. Scandalizzarsi è inutile".
Giorgio Tosatti: "Gli eredi di Maradona pur ricchi di personalità e talento non sono mai riusciti a diventare una squadra. Troppe gelosie, troppi clan, troppo individualismo. Commentando l'unica vittoria argentina in questo Mondiale (1-0 alla Nigeria nel debutto) ho scritto come dal gioco di questi eccellenti giocatori emanasse una sensazione di spreco, di narcisismo. Un eccesso di dribbling, raffinatezza, numeri ad effetto e sostanziale mancanza di praticità. Una formula tattica illogica perché utilizzava troppi creativi, lasciando in attacco una sola punta, per di più reduce da una pessima stagione (Batistuta). Una difesa incerta e mal protetta. Era proprio il caso di abbandonare il tradizionale 4-4-2 che con terzini come Sorin e Placente avrebbe potuto sostenere magnificamente l' offensiva? Invece di cercare di assemblare il meglio, Bielsa ha creato tanti dualismi. Anche nella partita contro la Svezia il ct ha testardamente insistito sul principio secondo cui Batistuta e Crespo non possono giocare insieme. Un'assurdità, un capriccio. Non gli ha concesso neppure un minuto di coabitazione. Unico intoccabile, mai sostituito, mai messo in discussione, quel talentuoso perditempo di Ortega così caro a Malesani. A Parma ancora imprecano ricordando quando costò. Sinceramente l' eliminazione dell' Argentina lascia un senso di rammarico: mi domando cosa avrebbe potuto costruire un buon allenatore con tanto ben di Dio. La Svezia ha fatto una tenace partita di contenimento (evidenziando qualche smagliatura difensiva e trovando un bel gol su punizione), ma Bielsa le ha dato un formidabile aiuto".